Si è svolta ad Amburgo in un clima solidale e di massima attenzione, la conferenza internazionale indetta dal Movimento Popolare Perù. Lungo la conferenza, oltre alla lettura degli interventi preparatori, si è discusso non solo della guerra popolare in Perù e del suo significato nel MCI e nella RPM, ma anche della situazione in Nepal. Molti gli interventi che hanno toccato questa questione, anche nel dibattito seguito ai circa 20 interventi previsti di partiti, organizzazioni, centri studi, riviste, circoli ed associazioni presenti, di diversi paesi (Spagna, Francia, Germania, Svezia, Italia, Colombia, Ecuador, Cile, Turchia, Stati Uniti d'America, ecc.). Durante la conferenza è stata data lettura anche di un intervento di saluto scritto di Proletari Comunisti. Il nostro intervento letto in conferenza è quello che segue, meno alcune parti che non sono state lette per ragioni di tempo ma che andranno pubblicate nelle lingue in cui saranno resi noti i lavori della conferenza, dai compagni che la hanno organizzata.
L’INTERVENTO DELLA REDAZIONE
DI “GUARDARE AVANTI !”
LETTO IN SPAGNOLO ALLA
CONFERENZA DI AMBURGO
DEL 25 OTTOBRE 2008 INDETTA
DAL MOVIMENTO POPOLARE PERU’
Compagni e Compagne,
in questo sintetico intervento
vogliamo esporre il nostro punto di vista sulla situazione generale e sulla
situazione italiana, e sul ruolo fondamentale che riveste ancor piu’ oggi, la
guerra popolare peruviana ed il pensiero gonzalo come massima sintesi in un
dato paese in questa fase storica, e come insegnamento agli autentici comunisti
del mondo, ai maoisti, della applicazione corretta del
marxismo-leninismo-maoismo per la rivoluzione.
Un insegnamento che per noi e’
discriminante nella costruzione di un Partito Comunista
marxista-leninista-maoista principalmente maoista nel nostro paese.
Punto di vista ed insegnamento
che affermiamo in un lavoro di orientamento e di battaglia ideologica che si e’
ripreso in Italia da quello condotto in precedenza da parte di un piccolo
nucleo di comunisti costituitosi nel fuoco della lotta negli anni ’80 nelle
regioni a Nord Est del nostro paese, l’Italia, aggregando in questi ultimi anni
quadri comunisti in alcune importanti concentrazioni proletarie del paese, nel
lavoro di costruzione dei Tre strumenti della Rivoluzione, in Italia.
Battaglia che e’ solo
iniziata, e che vede pur in presenza di Partiti che al maoismo ed al
marxismo-leninismo-maoismo si richiamano, ancora l’assenza di un centro
nazionale propulsivo nel paese, dopo la chiara sconfitta delle tendenze del
revisionismo armato.
La nostra divergenza fondamentale verso altri compagni in Italia verte sulla concezione del Partito.
Partito che per noi puo’ darsi
ed affermarsi solo nella corretta applicazione della linea di massa e nella
costruzione dei Tre strumenti della Rivoluzione, pur in tempi e modi diversi,
con un lavoro contemporaneo.
In questi ultimi due anni le
posizioni revisioniste sono state schiacciate e molti gruppi di proletari e di
comunisti si sono organizzati autonomamente. Gli stessi partiti revisionisti
istituzionali hanno subito defezioni organizzate con l’uscita delle componenti
trotskiste dal loro interno, e sono tutti scomparsi dalla rappresentanza
parlamentare. Di colpo i proletari e gli operai hanno visto la realta’ per ciò
che e’ autenticamente, passando da una politica comunista fantasma nelle aule
parlamentari, alle aule parlamentari senza alcun sedicente comunista.
Lo stesso sindacato CGIL è stato costretto a rompere il patto confederale in alcuni accordi e contratti, di fronte alla mancanza di unità delle organizzazioni sindacali di base e nella ripetizione dei metodi burocratici nella CGIL. Operai e ferrovieri sono colpiti dalla repressione mirata e selettiva dei capitalisti in molte situazioni. Questa questione non è solo italiana e recentemente dalle Filippine è arrivata la proposta della giornata mondiale contro la repressione dei militanti operai, del 16 novembre.
La necessità di un Partito comunista è autentica in Italia ma la realizzazione delle aspirazioni delle masse in questo senso potrà venire solo da un Partito comunista di orientamento e direzione politica che può definirsi solo con la definitiva sconfitta delle posizioni anti-maoiste ed opportuniste, di destra e di sinistra, borghesi e trotskiste, nel movimento comunista in Italia, così come la considerazione discriminante è che la costruzione dal basso dei Tre strumenti della Rivoluzione debba essere coerentemente conseguente all’esercizio pratico del diritto alla critica proletaria ed al riconoscimento delle diversità storicamente costituitesi nella arretrata formazione economico sociale del paese.
Infatti noi affermiamo che il nostro paese e’ si’ comandato da uno Stato imperialista, ed ha una gran quantita’ di capitali accumulati, ma mantiene al suo interno i caratteri di una arretratezza sociale che simbolicamente potremo definire con il termine del paese dei cento mila campanili, campanili della Chiesa, dell’esercito, della polizia, del capitale imprenditoriale ed agrario, della mafia criminale e della mafia delle false cooperative e del capitale finanziario, delle nuove mafie straniere, della destra, e della falsa sinistra ossia un sistema vicino alla semi-feudalità, tanto per rappresentare l’abnorme presenza di centri di potere, piccoli e grandi, che attorno agli interessi dominanti si sviluppano e scontrano, a spese della classe operaia e proletaria, in una guerra nascosta che comporta non solo una perdita complessiva di diritti sociali e politici per le masse, non solo un impoverimento di massa crescente ed un indebitamento crescente delle famiglie, ma anche svariate decine di migliaia di morti all’anno.
1 / premessa
La necessita’ del socialismo
riappare fortissima con il ripetuto crollo borsistico internazionale, a 20 anni
dal crollo del revisionismo, per bocca degli stessi economisti borghesi che hanno
sostenuto per anni la governabilita’ dei mercati finanziari compatibilmente ad
una crescita dello sviluppo economico dei paesi piu’ poveri.
Mentre un pidocchioso
Berlusconi lamenta che le aziende italiane sono sottoquotate, la realta’ di una
valorizzazione schizofrenica ed esponenziale alla caduta del saggio di
profitto, emerge con potenza nella esigenza di una regolamentazione che di
fatto e’ solo la maschera al tentativo di salvare il sistema.
Lo stesso concetto di valore
viene meno di fronte all’abnorme divario che concretamente si innesta tra il
valore realistico dei prodotti ed il loro valore reale (vedasi per tutti la
speculazione immobiliare). Un’economia piegata ad un sistema che vive di debito
alla lunga si ritorce su se stessa generando il crollo.
Ovviamente per salvare il
salvabile, oggi, mentre gli sciacalli al potere in alcuni paesi addirittura
plaudono alla distruzione di alcuni loro concorrenti, si ammette pacificamente
che la governabilita’ dei mercati segue una priorita’ maggiore allo sviluppo
economico, e quindi si pongono apertamente di fronte alla stragrande
maggioranza della popolazione mondiale, (quella parte che non ha risorse ne’
capitali accumulati di cui preoccuparsi), con il loro vero volto di dittatori.
Le baggianate dei riformisti
europei circa lo sviluppo sostenibile e le forme diverse di cooperazione, si
rappresentano sempre piu’ per cio’ che sono sempre state, delle pulci ballerine
in un circo di pazzi in cerca di notorieta’.
Le conseguenze politiche e
sociali della crisi dei mercati finanziari, che e’ la rappresentazione piu’
evidente, ma non certo l’unica, della crisi generale capitalista attuale, si
ripercuotono sempre piu’ pesantemente sulle condizioni di vita delle masse
negli stessi paesi imperialisti.
Vi sono anche delle
conseguenze significative nelle aree politiche che, da Seattle in poi, avevano
cercato di porsi alla guida di una contestazione “globale” al sistema, ma al di
fuori di un punto di vista rivoluzionario.
Perduto un “centro
identificabile” del nemico, a causa dell’abbandono del punto di vista
proletario e dell’ideologia rivoluzionaria marxista-leninista-maoista, queste
aree hanno perduto completamente il senso della realta’ e definiscono la
attuale situazione come l’anno zero di una nuova fase. L’ “anno zero” per loro, che si sono accorti
della insussistenza delle proprie teorie, quasi apologetiche della forza
dell’imperialismo, corrisponde in realta’ al momento storico in cui la
previsione scientifica marxista della estensione mondiale del modo di produzione
capitalista si e’ avverata.
In Italia tutto questo ed
altre espressioni di degenerazione contribuiscono a dare il senso di un regime
di moderno fascismo che si consolida nell’apparenza, mentre sotto i suoi piedi
tutto si frantuma.
Cio’ e’ evidente nella stessa deriva della cultura, anche tra i cosiddetti giovani protagonisti, fino alla totale perdita del senso di classe, come dimostrato dal caso del giovane letterato che da antagonista si e’ fatto prima giornalista e poi carabiniere in borghese che antepone la polizia alla rivoluzione nella prospettiva della soluzione dei problemi sociali e si vede anche negli isterici appelli del governo agli studenti in lotta contro la privatizzazione delle scuole, affinché non facciano “politica”.
2 / crisi generale e
situazione italiana
in questi ultimi mesi la forza
del marxismo si e’ dimostrata agli occhi del mondo intero nel ripetersi del
crollo dei mercati finanziari; il valore dei capitali quotati in borsa ha perso
il 50% nel giro di 10 mesi.
Enormi ricchezze e risorse
nominali si sono dimostrate per cio’ che rappresentano.
Un enorme valorizzazione
nominale costruita artificialmente negli ultimi decenni per spostare sul
capitale finanziario le decisioni fondamentali e le sorti stesse del capitale
investito nella produzione e trasformazione delle merci.
Sin da 20 anni fa, il
collettivo redazionale di Rapporti sociali, rivista italiana a cui
collaboravamo, definiva la crisi generale che si manifestava gia’ nel 1984 e
nella crisi borsistica del 1987, come crisi generale da sovrapproduzione
assoluta di capitali.
Questa analisi si e’
fondamentalmente dimostrata corretta.
Sul piano mondiale, la analisi
della situazione internazionale prodotta dal PCP nel 1991, si e’ dimostrata
corretta.
La posizione del PCP sulla
contraddizione principale in questa fase storica, si e’ dimostrata corretta.
La posizione del Presidente
Mao Tse-Tung sulla nuova grande ondata della RPM e sulla divisione del mondo,
si e’ dimostrata corretta. Tutti i sogni e le analisi sociologiche e revisioniste,
prodotte da quanti si sono sempre richiamati alle analisi della URSS
post/Staliniana, si sono rivelati appunto grandissimi abbagli ed errori.
Le conseguenze della
impossibilita’ per il plusvalore di aumentare stabilmente, giunti alla nuova
crisi di valorizzazione, anche successivamente, anche a causa anche dei limiti
in qualche modo naturali raggiunti dallo sviluppo della produttivita’, e della
difficolta’ di superare tali limiti attraverso nuovi campi produttivi che
implicano un minore apporto di lavoro vivo, (informatica e telecomunicazioni,
energia, biotecnologie, farmacologia), si sono manifestate allora, negli ultimi
vent’anni, nel tentativo di passare all’introduzione, pur in certi casi
mascherata, di forme miste di sfruttamento anche schiavistico (immigrazione nei
paesi occidentali) e della delocalizzazione. Cioe’ di spostare (riducendolo
fortemente) il costo del lavoro vivo grazie all’utilizzo di altre popolazioni,
popoli e paesi.
Una differenza fondamentale
rispetto al precedente colonialismo, dove la forza-lavoro era impiegata
sostanzialmente nella raccolta e preparazione delle materie prime per la
produzione che doveva svolgersi nei paesi occidentali. Una differenza che
tuttavia non genera un progresso ma un caos maggiore, nuove e maggiori
sperequazioni ed ingiustizie, e una ingovernabilita’ del sistema anch’essa
crescente.
La tendenza distruttiva del
capitalismo si produce non solo nelle condizioni materiali in cui l’estrazione
di plusvalore si da’ nei paesi dominati, ma anche nelle condizioni materiali in
cui si svolge la vita negli stessi paesi dominanti.
Inevitabilmente, le nuove
tecnologie hanno ristretto la possibilita’ di sviluppo dei mercati accentrando
maggiori ricchezze nelle mani di un numero minore di capitalisti e riducendo
proporzionalmente la qualita’ della vita dei salariati nei paesi occidentali,
mentre il numero dei salariati nei paesi dominati e’ divenuto maggiore che in
qualsiasi altro momento storico.
Inevitabilmente la
introduzione di forme schiavistiche di sfruttamento ha prodotto una maggiore
incertezza nei consumi e nuove forme di sopravvivenza dei proletari che si sono
riprodotte negativamente nel ciclo stesso.
Questo e’ avvenuto anche nel
paese che maggiormente dirige la guerra imperialista ed e’ politicamente riconosciuto
quale guida del sistema, gli Stati Uniti. Negli SUA il tasso di poverta’ e’
superiore a quello dei paesi europei.
Inevitabilmente la
delocalizzazione produce fasce sociali contigue al capitale nei paesi oppressi,
che tuttavia non hanno strumenti per accrescere la ricchezza dei propri paesi,
e che riproducono quindi in questi paesi in forma avanzata ed acutizzata poi la
contraddizione tra salariati e capitale.
Non e’ vero nemmeno che
delocalizzando la produzione materiale di beni in paesi terzi (fenomeno questo
comunque parziale, che non va assolutizzato), vi sia una ridefinizione
qualitativamente migliore dell’impegno lavorativo dei cittadini dei paesi
occidentali. Al contrario, la precarieta’, l’insicurezza, la drammaticita’
della vita divengono la normalita’ per grandi masse degli stessi paesi a guida
imperialista.
Anzi, proprio per negare in
forma ideologica la necessita’ dello Stato sociale, i grandi centri
istituzionali (le grandi citta’, le regioni, i ministeri), in Italia hanno
iniziato a produrre una rincorsa alle “grandi opere” che, a parte la natura
strutturalmente mafiosa delle modalita’ economiche e di gestione –appalti-
adottate, producono una maggior distruzione del territorio, una maggiore
perdita di identita’ del paese, e soprattutto, non aiutano la crescita del
plusvalore ma causano anzi al contrario,
una caduta maggiore dello stesso.
Infatti la natura speculativa
ha un ritorno nella necessita’ di reinvestimento, e questa non puo’ trovare
soluzione unicamente nel mercato criminale delle droghe. Si rivolge allora al
mondo della pubblicita’ e dell’informazione, che diventano sempre piu’ oberanti
sull’economia complessiva del paese.
Le misure degli organismi
sopranazionali (UE, FMI, ecc.) di conseguenza sono sempre meno rispondenti alla
possibilita’ di un migliore assetto delle economie nazionali dei paesi
occidentali non per “cattiveria” o perche’ piu’ del previsto legate alle
multinazionali, queste istituzioni, ma proprio perche’ i “margini” del sistema
sono scomparsi, non vi sono semplicemente piu’ margini economici di manovra.
Solo capitali da gettare sui mercati finanziari, per governare una mandria
impazzita che non ha piu’ erba da divorare.
Tutto questo trova una unica
soluzione e conferma in una guerra mondiale interimperialista, che oggi si
rappresenta all’orizzonte nel cupo e silenzioso panorama della distruzione
creata dal falso progresso del capitalismo e delle guerre iniziate nella fase
in cui, al contrario, secondo gli apologeti del capitale, si sarebbe potuto
contribuire al benessere ed alla stabilita’ mondiale dopo la caduta dei paesi
che avevano precedentemente sperimentato la costruzione del socialismo.
Questa fase e’ iniziata nel
1991, con la aggressione imperialista all’Iraq, per la prima volta attuata
dalla OTAN.
La accelerazione imperialista
del 1999 (“giustificata” dalla montatura sulla aggressione in Kosovo) e del
2001 e 2003 (dietro la “giustificazione” di punire i responsabili delle stragi
delle Torri gemelle, pare attuate da un gruppo comandato da un ex collaboratore
della CIA di nome Bin Laden), ha permesso alla OTAN di qualificarsi come
polizia internazionale occidentale. Nel frattempo le Nazioni Unite hanno
ratificato quasi tutti gli interventi polizieschi, quasi solo a difesa di
regimi corrotti, che sono stati intrapresi dai paesi occidentali. Lo stesso
stato imperialista sionista di “Israele” si è permesso molte altre aggressioni
al Libano ed allo Stato Palestinese, della massima gravità.
Questa situazione di guerra
mondiale strisciante, e’ dovuta al passaggio alla contraddizione principale nel
mondo oggi, quella tra imperialismo e popoli oppressi. La forma politica che
acquisiscono gli Stati capitalisti di fronte al riconoscimento della loro
necessita’ di intervenire militarmente in altri paesi, e’ la fascistizzazione
di fronte alla crescente ondata di lotte ed espressioni di autonomia e
coscientizzazione delle masse.
Non a caso in Italia i governi
Prodi e D’Alema, che hanno per due volte aperto la strada al burattino della
mafia e della borghesia nera, Berlusconi, nel 1998 e nel 1999 hanno portato in
Italia alcune modificazioni della struttura repressiva (i Centri di
carcerazione, chiamati CPT, per gli immigrati non regolari, i servizi segreti e
i gruppi speciali della polizia penitenziaria, UGAP e GOM, la polizia politica
dipendente dalle Divisioni Antimafia), che hanno poi determinato a catena una
serie di fenomeni di fascistizzazione prima impensabili.
Abbiamo assistito alla
abolizione progressiva dello Stato sociale ed alle maggiori possibilita’ di
speculazione finanziaria che con la crescita arbitraria del valore degli
immobili ha comportato un indebitamento maggiore dei lavoratori praticamente
costretti all’acqisto delle abitazioni.
E’ aumentata enormemente la
dittatura borghese sul mercato del lavoro, con l’esautoramento di fatto degli
Uffici di collocamento dei lavoratori, la reintroduzione della chiamata
nominativa, la possibilita’ di affittare manodopera, le liberalita’ allo
sfruttamento concesse a strutture capitaliste mascherate da cooperative, la estensione
delle possibilita’ contrattuali a brevi e brevissimi, od intermittenti, periodi
di lavoro, giungendo cosi’ a piegare buona parte del movimento dei lavoratori,
in quanto maggiormente ricattabili e divisi.
In questa attivita’ criminale
di compravendita di carne umana, i sindacati istituzionali hanno fatto la loro
parte collaborando alla introduzione dei criteri della concertazione nella
contrattazione ed ai criteri della rappresentanza dei lavoratori su voto di
lista giungendo sin dal 1992 alla abolizione dei consigli di fabbrica che erano
composti da lavoratori delegati direttamente eletti nei diversi reparti di
produzione senza voto di lista.
La nascita e lo sviluppo di
forme di autorganizzazione di classe tra i lavoratori e nel territorio si
rappresenta ancora come insufficiente e incapace di acquisire la maggioranza
dei lavoratori al progetto di trasformazione della societa’ in senso
rivoluzionario.
La repressione si e’ estesa
quindi a tutte queste manifestazioni, giungendo addirittura per la prima volta
dalla fine del fascismo (1945) alla criminalizzazione inquisitoria di un
sindacato, SLAI Cobas per il sindacato di classe, da parte di una componente
della magistratura asservita ai poteri forti della classe imprenditoriale, i
Riva e la Fiat.
La situazione quindi in questi
anni si e’ evoluta con l’esclusione, per la prima volta dal 1945, di deputati
comunisti dal Parlamento. Questa esclusione e’ stata causata dalla loro
frammentazione e dalla loro scuola revisionista, che ha distrutto le proprie
stesse strutture nel territorio, essendo divenuti Partiti impegnati
praticamente solo a livello istituzionale.
Grande e’ quindi il
proliferare di realta’ giovanili e proletarie che cercano una propria via nella
lotta, ma ancora poco diffuso e presente nel paese e’ il maoismo, che sta
conducendo comunque una lotta vincente contro le posizioni opportuniste e
parolaie nella lotta di classe, introducendo i contenuti ideologici e politici
rivoluzionari del marxismo-leninismo-maoismo.
3 / Il ruolo della guerra
popolare in Peru’ e’ piu’ che mai prioritario
la controrivoluzione opera
nella attuale guerra mondiale imperialismo / popoli oppressi, su tutti i campi.
Quello della cultura e della informazione, per i capitalisti ed i loro servi, è
un campo di guerra autentico. Il Presidente Gonzalo lo aveva teoricamente e
praticamente già dimostrato sin dall’inizio di questa nuova tappa dello scontro
epocale tra proletariato e borghesia imperialista, nel 1990-1991.
Anche per questo i comunisti
mlm nel mondo avevano tutti riconosciuto all’epoca il PCP e la GP in Perù
come il “faro” della nuova grande ondata della RPM prevista dal Presidente Mao
Tse-Tung.
Questo è il vero motivo per
cui la guerra sporca della mistificazione mediatica contro la GP del Perù, si è
direttamente avvalsa dei criteri fondanti dell’imperialismo moderno: Goebbels
ed il nazismo, il Cointelpro e la disinformazione di massa.
Non bastava come in passato,
assassinare i dirigenti rivoluzionari come il Che, come quelli della Palestina,
della Turchia e dell’America Latina, della Spagna, dei popoli in lotta in Asia.
Non bastava perché loro sono Kaypakkaya, poi diventano eroi internazionalmente
riconosciuti. Occorreva agli imperialisti fare di più.
I falsi comunisti, gli
opportunisti, i maoisti “a metà”, questo non lo hanno potuto capire, e sin dal
1993 si sono dati da fare per contribuire alla diffamazione del PCP, della GP,
del Persidente Gonzalo e del maoismo, che precedentemente essi consideravano a
torto defunto.
Addirittura hanno in alcune
occasioni appoggiato la linea nera della soluzione politica, la LOD. O hanno
contribuito a spacciare falsi documenti della LOD per documenti del Partito.
Tutto questo per l’importanza
delle poche frasi, estremamente sintetiche e chiare, che il PG poté esprimere
il 24 settembre 1992 nel quartier generale della Dincote a Lima, rovinando al
100% la pagliacciata costruia dal regime.
Quelle parole contenevano il
senso di una direzione storica della Rivoluzione, di una traiettoria che, se in
Peru’ ha potuto continuare a darsi, e se ha potuto svilupparsi secondo proprie
condizioni in altri paesi, tra i quali Filippine, India, Turchia, in qualche
misura Nepal, dove gia’ ora che vi e’ un governo di unita’ nazionale, la
contraddizione di classe emerge in seno al Partito, in altri paesi e’ stata
rallentata anche proprio grazie al peso che si e’ voluto dare alle
mistificazioni, ed al silenzio che si e’ voluto costruire sulla guerra popolare
del Peru’.
Tutti noi sappiamo che grandi
masse hanno preso coscienza nel mondo, che grandi masse sono politicamente
mobilitate.
Forse qualcuno ha dimenticato
che nel 1992 il mondo aveva grande attenzione per la Rivoluzione Peruviana,
forse qualcuno ha dimenticato che il passaggio alla fase offensiva della
Rivoluzione per la presa del potere, pareva oramai alla portata del Partito e
del suo Esercito.
Serviva allora dare una
direzione diversa, per i capitalisti, a queste grandi masse, “inventarsi” un
movimento diverso, costruire una alternativa al “sangue”, cosi’ dicevano,
mentre di sangue il pianeta e’ sommerso da millenni ed ancor oggi certo i
capitalisti non governano con la convinzione e le belle parole.
Al silenzio sul PCP serviva
allora una “alternativa”.
Le nostre parole compagni sono
pesanti, ma ancor piu’ pesante l’ingiustizia dei nemici della rivoluzione e dei
loro servi, sul popolo peruviano e sui proletari e combattenti di tutto il
mondo: quanto e’ avvenuto in Messico parla chiaro. Una rivoluzione in gelatina,
osannata e declamata da tutti i media del mondo, meta di pellegrinaggi di
opportunisti di tutto il pianeta, Italia compresa, legittimata dal nemico di
classe persino a sfilare pacificamente per la capitale, mentre
contemporaneamente si reprimeva nel sangue e nella tortura una rivoluzione
contadina e proletaria che un nuovo organismo popolare, un Esercito ed un
Partito democratico rivoluzionario del popolo, aveva avviato su una prospettiva
ben diversa, sulla base dell’esperienza di organizzazioni rivoluzionarie di
ultradecennale memoria (dal 1967) nella unità di ben 14 organizzazioni
rivoluzionarie marxiste/leniniste (1996 / inizio del XXI secolo).
La stessa cosa e’ avvenuta con
la solidarieta’ dei dirigenti dei partiti revisionisti e trotskisti, come il
dirigente del PRC Bertinotti, (verso organizzazioni dedite a processi di
liberazione nazionale come) per le FARC, mantenendo invece totale disinteresse
verso il sangue e le sofferenze del popolo peruviano impegnato nella guerra
popolare.
Ma parla chiaro anche quanto
e’ avvenuto in genere nei paesi del Sud del mondo con le ONG.
O quanto si e’ sviluppato in
Palestina e Libano. Dove si e’ visto a che cosa ha condotto il degenerare della
componente borghese della rivoluzione, Al Fatah, di fronte ad una situazione in
cui lo Stato imperialista di Israele ha ricevuto un appoggio maggiore dagli
altri paesi a guida imperialista, anche nel momento in cui ha violato tutte le
leggi possibili di diritto internazionale, con il sequestro dei prigionieri nel
marzo 2006, o ancora, con l’assedio di Gaza.
In tutti i paesi dominati
dall’imperialismo, esistono oramai circolazione di informazione, scambi
culturali e politici. Occorre all’imperialismo dire: ecco, in Peru’ abbiamo
sconfitto la guerra popolare, in Palestina teniamo sotto scacco i guerriglieri,
abbiamo invaso l’Iraq e l’Afghanistan, nei paesi imperialisti abbiamo
reinserito socialmente tutti i terroristi, cosa volete fare voi qui ?
Ma questo e’ falso ! E’ falso
che la guerra popolare in Peru’ abbia subito una flessione. La guerra popolare
in Peru’ ha chiaramente subito un colpo con la cattura del Presidente Gonzalo
nel 1992, ma il pensiero gonzalo e’ un’arma conosciuta ed impugnata da grandi
masse in Peru’, e la guerra popolare e’ continuata con grandi successi ed
attacchi anche a strutture militari, senza che di questo i media occidentali
abbiano dato notizia, anzi mentre docenti universitari appartenenti alla
sinistra istituzionale in Italia, hanno calunniato la guerra popolare di
essersi alleata al narcotraffico. Forse vi sono interessi economici
transnazionali che intendono coprire le reali responsabilita’ di compagini
mafiose italiane sul narcotraffico in Peru’, attribuendolo al PCP ? Tutto e’
possibile. Ma che cosa e’ davvero rilevante ?
E’ rilevante questa domanda:
e’ ancora importante, per quanti si definiscono comunisti nel mondo,
distinguere il vero dal falso ?
Se la risposta e’ si, non e’
possibile tacere un dato di fatto: che la guerra popolare ha continuato a
svilupparsi, che la strategia non e’ stata sconfitta, che le basi liberate sono
aumentate, che la tattica e’ migliorata, che l’adesione al Partito e’
cresciuta, che il Partito e la guerra popolare hanno aiutato il sollevamento
popolare, e non ne hanno tagliato la strada, che le basi liberate sono centri
di una societa’ nuova, e non vie di fuga di truppe disperate. E tutto questo,
nonostante la propaganda ai soluzionisti traditori, alle LOD, nonostante le
infamie quotidiane dei media nazionali peruviani e del mondo occidentale.
Lo abbiamo visto anche di
recente, con la grandiosa vittoria del 9 ottobre, quando nella zona del paese
dove maggiore e’ il controllo e la politica genocida dell’esercito, l’EPL ha
distrutto una colonna militare nella selva portando all’annientamento di quasi
20 militari super addestrati e bene armati.
Per coprire l’effetto negativo
di una cosi’ pesante sconfitta, i militari genocidi hanno diffuso allora la
falsa notizia della morte di 7 civili, bambini compresi. Che chissa’ perche’ e
come mai, erano armati di fucili israeliani Galil, vestiti da militari, di
corporatura robusta ed atletica. La notizia passata dai televisori occidentali
e’ stata questa, sabato 11 ottobre. Noi sappiamo che sono morti 18 militari,
presi 19 fucili Galil, e che solo un militare e’ rimasto vivo, e che nessun
guerrigliero ha perso la vita nella battaglia, durata 1 ora. Sui giornali del
giorno successivo, domenica 12 ottobre, almeno a stare in Italia, silenzio. Un
silenzio che doveva coprire la smentita delle autorita’ locali. Si sa che queste vittorie giungono alle
guerriglie, alle guerre popolari, in fasi in cui puo’ avvenire anche un cambio,
un repentino crollo del regime. Si sa che l’informazione e’ parte della
giustezza di una linea politica.
Allora perche’ i falsi
comunisti in Italia e nei paesi occidentali continuano a stare al gioco dei
media dell’imperialismo ? Perché sono falsi comunisti !
Questo esempio, e quello ancor
piu’ importante della montatura delle “lettere di pace” dimostra che quando dei
presunti comunisti di altri paesi, utilizzano le notizie fornite dalla
borghesia per mettere in dubbio un Partito comunista che combatte e conduce rivoluzione
proletaria nella guerra popolare, allora non vi e’ che una spiegazione: si vuol
togliere il ruolo di comando della Rivoluzione Proletaria Mondiale che
storicamente e praticamente spetta al maoismo, si vuole annegare il maoismo in
nome del maoismo.
E’ questa la scelta politica
che ha adottato il PCR/SUA, e lo ha fatto scientificamente, per poter campare
senza grandi problemi, rinviando quelle che sono le scelte e le necessita’ da
affrontare anche in un grande paese imperialista, e cercando di sminuire il
ruolo di direzione nel MCI che il PCP si e’ conquistato sul campo dalla
fondazione del MRI in poi.
Ci riconosciamo quindi nella
importanza di questa Conferenza nella valorizzazione del ruolo del PCP e della
guerra popolare del Peru’, nella giustezza della posizione di questa Frazione
Rossa del Movimento Comunista Internazionale.
Riconoscendo che il comunismo
e’ una societa’ libera che potra’ darsi ad un livello di sviluppo ancora
superiore all’attuale del genere umano, quindi pregno di diversita’ e
specificita’, non una societa’ che annulla le diversita’ in nome di un
principio generale, bensi’ molte diversita’ che concorrono ad un principio
generale, l’eguaglianza, l’assenza di soprusi, violenza e sfruttamento.
Viva il Presidente Gonzalo !
Viva il Partito Comunista del
Perù !
Viva la costruzione dei tre
strumenti della rivoluzione in ogni paese !
Viva la Rivoluzione Proletaria
Mondiale !
Guerra Popolare fino al
Comunismo !