Questo articolo di Repubblica del 17 maggio 20009
Link http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/economia/fiat-4/sofri-17mag/sofri-17mag.html  Sofri dice cose molto interessanti da un punto di vista di consigliere del principe comincia che gli organizzotori sono stati degli ingenui, sottovalutare gli "autonomi nolani", ora dire "autonomi" è il modo di censurare e mascherare che sono i lavoratori di Pomigliano, come dire non appartegono al movimento operaio.
Poi dice finendo dando consiglio di non svilire i sindacati (sopratutto i più a "sinistra" dico io) in quanto il rischio chese non c'è la tradizionale mediazione sindacale/riformista che stà dentro le compatibilità del sistema capitalista (e quanto c'è ne biisogno adesso con la crisi in atto) il rischio è che le minoranze manesche siano meno minoranze e sempre più manesche. Come a dire attenti signori c'è una pentola di piena ebolizione che rischia di scoperchiare il coperto.
Sofri è una persona intelligente che non va sottovalutata, immagino che possa pensare alla rivolta operaia di Piazza Statuto del 1962. Anche all'epoca non si sprecavano da parte di tutti le formule quali "teppisti" "provocatori", anche Quaderni Rossi di dissociò (nonostante molti suoi membri parteciparono a questi fatti). Alla fine si pensò che fu una facenda passegera, ma 6 anni dopo le lotte ripresero, si sviluppò un autonomia proletaria che mise in contropiedi partiti, sindacati e gruppi vari.
Immagino che Sofri mentre scriveva queste righe pensasse a questo, da buon consigliere del principe, o meglio da buon strumento dal punto di vista politico/culturale della controrivoluzione.
Mi sembre inutile aggiungere commenti sul passato rivoluzionario di sofri, in quanto si rischia di personalizzarela le questioni politiche. Per quanto mi riguarda l'elemento fodamentale è come si schiera da punto di vista della lotta di classe è da lì che partono le considerazioni.
Marco

IL COMMENTO DELL’INFAME -  La minoranza manesca di ADRIANO SOFRI



Le discussioni franco-tedesche sul sequestro dei manager rischiano di apparire un lusso dalla Torino in cui viene spinto giù dal palco sindacale il segretario nazionale della Fiom. Bruttissimo segno.

E non basta a consolarsi la fama di irresponsabilità o peggio che accompagna il gruppo di autonomi nolani che hanno premeditato e attuato l'assalto, contando anche su una singolare ingenuità degli organizzatori. Gianni Rinaldini è un sindacalista normale, che ha all'attivo lotte preziose per lo spirito di sacrificio e di solidarietà, come quelle contro la disciplina da caserma alla Fiat di Melfi, passate vilmente sotto silenzio, e sa misurare la minaccia dell'isolamento. La Fiat sta giocando un prestigioso azzardo internazionale, ma sui suoi lavoratori italiani pesa un azzardo doppio. Il governo italiano, salva qualche penna di pavone, non ha speso niente, e non si è mostrato nemmeno ansioso di discutere con la Fiat le prospettive dell'operazione. Ma i sindacati, che ragioni di ansia ne hanno fin troppe, meritavano una considerazione diversa. Tanto più se si confronti il buio in cui sono rimasti col ruolo del sindacato americano - che ha "ereditato", a proprie spese, la Chrysler - e tedesco.

La manifestazione nazionale di ieri, indetta in un giorno difficile come il sabato, ha visto una partecipazione debole per numero: qualche migliaio di lavoratori, dunque con un'adesione ridotta della Fiat torinese, dell'indotto, e della città. Si può pensare che una buona parte della città sia fiera e perfino euforica per l'impresa americana. Ma certo un'altra parte è spaventata dalla portata attuale della crisi e dall'oscurità del futuro. L'episodio torinese ha soprattutto questo significato: che l'allarme sociale gravissimo che attraversa l'Italia e può tradursi sia nella sfiducia, sia nell'adunata attorno alla Cgil (di cui pure ci sono segni importanti, benché si faccia chiasso solo attorno agli episodi di contestazione sindacale), consente a minoranze manesche di mettere sotto sequestro maggioranze incerte ed esitanti. Le minoranze manesche mirano solo a diventare un po' meno minoranze e un po' più manesche. I rappresentanti dei lavoratori devono fare gli interessi dei lavoratori. Dovrebbe essere chiaro per chiunque con chi occorra confrontarsi.


 


(17 maggio 2009)